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È vero che lo zucchero dà dipendenza?

  • bordinanutrizione
  • 12 mar 2022
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 16 mar 2022

Già da alcuni anni si sente parlare di “dipendenza da zuccheri”, un fenomeno che è stato teorizzato per la prima volta negli anni Cinquanta e che nel tempo è divenuto oggetto di numerosi studi scientifici; senz’altro a tutti è capitato di usare l’espressione “dà dipendenza” quando si parla del proprio piatto preferito, ma nel caso dello zucchero il fenomeno è cresciuto esponenzialmente, tanto che diverse società scientifiche lo hanno indicato come una delle cause principali di obesità (mai sentito parlare della sugar tax?).


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Perché lo zucchero crea dipendenza?


Risposta breve: perché è buono.


Risposta un po’ più articolata: l’ingestione di zucchero stimola un aumento del rilascio della dopamina, un neurotrasmettitore implicato nel circuito del piacere e della ricompensa. In pratica, quando si assumono alimenti molto dolci, il cervello reagisce dandoci una sensazione di appagamento a cui si associa anche un senso di sazietà momentaneo. Questa sensazione di piacere è ciò che ci fa amare gli alimenti particolarmente ricchi di zuccheri, ed è anche ciò che ci motiva a continuare ad assumerne. Ogni volta che sperimentiamo sensazioni piacevoli c’è un rilascio di dopamina, che è proporzionale al piacere che proviamo.


Ora, il fatto è che il saccarosio non è l’unica sostanza coinvolta in questo meccanismo: come lo zucchero, anche l’assunzione di droghe produce un rilascio di dopamina e una sensazione di piacere. È facile quindi capire come sia sorto il parallelo tra dolci e sostanze stupefacenti.


Lo zucchero può essere paragonato alle sostanze stupefacenti?


Sebbene possa essere efficace in termini di marketing o per suscitare la curiosità e l’allarme del pubblico, in realtà il parallelo tra i dolci e le sostanze stupefacenti presenta un difetto fondamentale: lo zucchero ha un valore nutritivo ed energetico, e le droghe invece no.


Oltre a questo, vale la pena sottolineare che il nostro cervello funziona in modi estremamente complessi e il rilascio di dopamina può essere stimolato tra moltissimi altre attività, e non solo da zucchero o stupefacenti. Tra queste:

  • ascoltare musica

  • ballare

  • fare l’amore

  • fare esercizio fisico

  • guardare una serie TV divertente

  • leggere un libro

  • dedicarsi a un hobby creativo

  • coccolare gli animali

  • per le mamme e i papà: guardare foto dei propri figli

A nessuno verrebbe mai in mente di scrivere un articolo allarmante sul fatto che accarezzare un cucciolo possa dare dipendenza come sniffare cocaina, perciò perché lo stesso criterio non viene applicato anche allo zucchero?



Come sono stati condotti gli studi scientifici sulla dipendenza da zucchero?


Quasi tutte le ricerche al momento disponibili sullo zucchero e sul suo coinvolgimento nella creazione di dipendenza sono stati svolti in laboratorio su modelli animali, in particolare sui topi.


Questo rappresenta un altro degli elementi per cui al momento non risulta corretto al 100% affermare che lo zucchero crea dipendenza: essere umani e topi di laboratorio sono creature molto (troppo) diverse. Anche se è vero che condividiamo molti processi biologici, non possiamo dimenticare che per noi il consumo di alimenti dolci non è quasi mai fine a se stesso, ma inserito in un contesto molto sfaccettato all’interno del quale la ricerca della praticità, la rapidità del consumo, la socialità, il marketing e la pubblicità sono solo degli esempi di fattori che chiaramente non possono essere replicati con efficacia in un laboratorio.



Come si spiega allora la marcata preferenza per il dolce della maggior parte delle persone?


Le molecole di zucchero sono utili al nostro corpo perché ci forniscono energia di rapido utilizzo, facili da digerire e ancora più facili da immagazzinare. Da un punto di vista genetico, il nostro organismo è ancora convinto di vivere in un ambiente dove la disponibilità alimentare non è scontata, e si è evoluto con il preciso scopo di ottimizzare il modo in cui utilizziamo l’energia a nostra disposizione per fare in modo di garantirci le migliori possibilità di sopravvivenza se dovesse esserci una carestia.


Perciò non dovrebbe stupire che la preferenza per gli alimenti dolci sia così radicata nel nostro cervello che persino i neonati, istintivamente, sono portati a dare espressioni di piacere quando assaggiano qualcosa di zuccherato.


Questo spiega perché la popolazione in generale tende a consumare più zucchero di quanto è suggerito.


Certamente l’industria alimentare ormai da tempo cavalca l’onda della naturale tendenza a preferire alimenti dolci, e per questo il contenuto di zucchero negli alimenti ultra-processati (dalle bibite alle merendine, dai cereali per la prima colazione agli snack) non ha fatto altro che aumentare negli ultimi anni.


Ciò si riflette sia nelle scelte dei consumatori che nelle linee guida rivolte alla popolazione: nonostante gli esperti suggeriscano di limitare il più possibile gli zuccheri semplici nell’alimentazione, all’atto pratico il trend in quasi tutti i Paesi è quello di preferire cibi più zuccherini perché percepiti come “più buoni”. E vale anche la pena aggiungere che non è tanto un problema di calorie (altrimenti il ricorso ai dolcificanti sintetici avrebbe ormai risolto la questione), quanto di educazione al gusto. Il palato si può educare, e i consumatori informati possono fare scelte più consapevoli sia in termini di lettura delle etichette che di selezione dei prodotti che finiscono nel carrello.


Però a me è capitato/capita spesso di avere una fortissima voglia di dolce!


Le sostanze stupefacenti creano dipendenza perché hanno effetto sul nostro cervello sia in acuto (subito dopo l’assunzione) che in cronico (per esempio danno assuefazione, ed è per questo che portano alla ricerca ossessiva di dosi sempre maggiori della sostanza in questione).


È vero che l’assunzione di troppi zuccheri nel lungo periodo può portare ad una ridotta sensibilità all’insulina da parte delle cellule (è il motivo per cui esiste il diabete di tipo 2), ma non è stato ancora dimostrato che vi sia un effetto simile anche sul cervello, che quindi nel tempo richiede dosi sempre maggiori di zucchero per rilasciare dopamina (e dare quindi la sensazione di piacere) con la stessa efficacia.


Detto questo, ci sono molti esperti di nutrizione che stanno portando avanti le ricerche in questo ambito e che sono convinti che la dipendenza da zucchero esista. Tuttavia, la maggior parte degli autori e dei ricercatori al momento sono d’accordo sul fatto che si tratti di una condizione sottile e difficile da catalogare, e che la dipendenza da zucchero assomigli di più alla dipendenza da nicotina, o da caffeina, piuttosto che a quella da cocaina o eroina.


Cosa posso fare se credo di essere dipendente dai dolci?


La parola chiave è sempre la stessa: moderazione. Anche se diete molto restrittive e misure drastiche (per esempio l’eliminazione improvvisa di determinate categorie di alimenti, come i dolci) sono considerate normali – o in alcuni casi sono addirittura consigliate – difficilmente si dimostreranno utili nel lungo periodo.


Demonizzare lo zucchero non è utile per nessuno, ed è estremamente riduttivo del suo ruolo per il nostro metabolismo. Le nostre cellule hanno bisogno di glucosio come fonte di energia. E c’è una grande differenza tra lo zucchero assunto con una fetta di torta e quello assunto, per esempio, mangiando frutta fresca (non solo cambia il contenuto di fibre, vitamine e sali minerali, ma cambia anche il senso di sazietà che ne ricaviamo).


Considerare lo zucchero in toto come una pericolosa sostanza che crea dipendenza non solo è poco accurato, ma può anche portare a un rapporto disordinato col cibo. Paragonare il cibo a sostanze pericolose per la salute può far crescere la paura per alcune tipologie di alimenti, e l’ansia associata al loro consumo. Oppure, di contro, può portare ad un aumento esponenziale della voglia di dolce: è quello che succede quando ci ripetiamo che qualcosa fa male, e non possiamo assolutamente mangiarlo. Per alcune persone, etichettare i dolci come “sbagliati” può triggerare episodi di binge eating e non fa altro che confermare l’associazione tra il consumo di zucchero un forte senso di vergogna e inadeguatezza.


Conclusioni:


Questo articolo non ha l’obiettivo di sdoganare il consumo ad libitum di dolci: sapere cosa si sta mangiando e conoscere gli effetti del cibo sulla nostra salute sono due passi importantissimi per poter fare scelte alimentari consapevoli.


Tuttavia, coltivare un buon rapporto con il cibo (con tutto il cibo, anche con lo zucchero) rimane una tappa fondamentale di un qualsiasi percorso di educazione alimentare. Paragonare i dolci alle sostanze stupefacenti e sottolineare come lo zucchero dia dipendenza avrà come unico risultato quello di farci sentire come se avessimo perso il controllo della nostra alimentazione tutte le volte che ci troveremo davanti a un dessert. Mentre considerare i dolci semplicemente come qualcosa di buono ci aiuta a vederli per quello che sono veramente: alimenti che danno piacere, che soddisfano il desiderio di dopamina del nostro cervello e, in definitiva, come una tra le tante scelte che possiamo fare a tavola.


Per approfondire:

 
 
 

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